PGA - ITALIAN PUNKS GO ACOUSTIC – IF THE KIDS ARE UNITED: TERZA USCITA DEL COLLETTIVO ARTISTICO A SUPPORTO DE "L'ISOLA CHE NON C'E'"

Il progetto PGA è l'unico progetto benefit in Italia completamente autoprodotto dagli stessi membri del collettivo; nell'ottica del Do It Yourself, tipica della scena punk/hardcore, il progetto ha scelto di non avvalersi di campagne di crowdfunding/fundraising ma solo dei propri mezzi per realizzare le diverse produzioni discografiche e live.  La compilation “PGA – Italian Punks Go Acoustic – If the Kids Are United”  in uscita quest’anno è una raccolta di 25 cover punk rock rivisitate in chiave acustica. Fedele allo spirito del collettivo, la raccolta è completamente autoprodotta dagli stessi artisti grazie al contributo di studi di registrazione, grafici, fotografi e webmaster.

Tutti i proventi di “PGA – Italian Punks Go Acoustic – If the Kids Are United” (esattamente come è stato per tutti i progetti messi in piedi dal collettivo, dai concerti al merchandising) saranno ancora una volta destinati all' Associazione ONLUS “L’isola che non c’è”, il cui obiettivo è offrire gratuitamente corsi di musica a ragazzi disabili.

Commenta Andrea: “Il genere punk è l’elemento che accomuna non solo il background artistico degli artisti coinvolti, ma anche gli stessi membri del collettivo ai ragazzi de "L’isola". Lo scopo è quello di abbattere le barriere che esistono nei confronti di chi è ritenuto "diverso".”

Tra le band presenti per la prima volta, segnaliamo la presenza di  Giò Sada, The Sun, Shandon, L'Invasione Degli Omini Verdi e The Clan.

La raccolta, per ora disponibile solo in formato digitale, è  solo la prima parte di un progetto più ampio che vedrà la luce nel 2017: un documentario che racconta la storia dei ragazzi de "L’Isola" e della loro prima volta in uno studio di registrazione.

Il disco è disponibile da oggi su tutti gli store digitali e in streaming. Clicca sulla copertina per comprare il disco, oppure su questo link:
 http://smarturl.it/IfTheKidsAreUnited

Il disco arriva a chiusura di un’intensa attività live, grazie alla quale il PGA è riuscito ad organizzare eventi  in tutta Italia, supportato da importanti artisti come Marky Ramone (batterista dei Ramones) e aprendo gli show di artisti internazionali come i NOFX, Screeching Weasel, Strung OutMe First and the Gimme GimmesChuck Ragan, Dave Hause e Tim Vantol (figure di riferimento della scena folk punk).

Tracks

  1. Giò Sada – Total Bummer (NOFX)
  2. The Sun – I Want You Bad (The Offspring)
  3. Finley – Anarchy In The UK (Sex Pistols)
  4. Jaselli – The Passenger (Iggy Pop)
  5. Andrea Rock – This Could Be Love (Alkaline Trio)
  6. Shandon – She Loves Me (Descendents)
  7. Ketty Passa Feat. The Clan – If I Ever Leave This World Alive (Flogging Molly)
  8. The Dropkills – Scream (Misfits)
  9. Garage Orchestra Feat. Andrea Rock – Ruby Soho Olympia WA Red Hot Moon (Rancid)
  10. Lags – I’m So Tired (Fugazi)
  11. The Crooks – 21st Century Digital Boy (Bad Religion)
  12. Gab De La Vega – Never Talking To You Again (Husker Du)
  13. DUFF – We Threw Gasoline On The Fire And Now We Have Stumps For Arms And No Eyebrows (NOFX)
  14. Veronal – Time Bomb (Rancid)
  15. Wardogs – She Talks To Rainbows (Ramones)
  16. Bock And The Sailors – The Impression That I Get (The Mighty Mighty Bosstones)
  17. Lights Out – I Know, Huh (The Vandals)
  18. The Clan – You’re Gonna Go Far, Kid (The Offspring)
  19. Damien McFly Feat. Riverbros – What’s My Age Again (Blink 182)
  20. Infiltrados – As Wicked (Rancid)
  21. L’Invasione Degli Omini Verdi – Zeta Reticoli (Meganoidi)
  22. Totale Apatia – Swing Life Away (Rise Against)
  23. Camera d’Ascolto – Ain’t It Fun (Paramore)
  24. Killibilli – God Save The Queen (Sex Pistols)
  25. Luca Morelli – Bro Hymn (Pennywise)

LINKS


http://www.facebook.com/PGAItalianpunksgoacoustic
http://www.facebook.com/rude.recorz


Merry X-mas motherfuckers!!!

Nella bella puntata di Friday Extreme Rock Adventures di venerdì 16 Dicembre, assieme a Heintz Zaccagnini abbiamo presentato una playlist a base di brani punk rock natalizi.


Qua, invece, voglio mettere alcuni dei brani più significativi, a partire da "Hava Nagila (Christmas Arrangement)" dei Me First and The Gimme Gimmes, una canzone popolare ebraica contenuta in “Ruin Jonny's Bar Mitzvah”, il quinto album della cover band statunitense Me First and the Gimme Gimmes pubblicato per la Fat Wreck Chords nel 2004. Questo album è un live registrato ad un bar mitzvah fatto di cover di canzoni evergreen, e il pezzo spacca.



Mi piace molto anche “Sporco Natal”, un pezzo storico degli indimenticabili Atrox da Monza, dei quali ricordo con affetto il drummer Concobeach del quale ho perso le tracce da anni.



Ed indimenticabile è "Merry Christmas(I Don’t Want To Fight Tonight)” dei Ramones. Tratta da “Brain Drain” l'undicesimo album del gruppo punk Ramones, uscito nel 1989, che è anche l'ultimo album inciso con Dee Dee Ramone, che sarà sostituito da C.J. Ramone durante il 1989.



Indubbiamente da ricordare “Fuck Christmas” dei Fear, che registrarono il brano al tempo del loro monumentale “The Record”, e di cui esiste una cover ad opera dei Bad Religion.



Proprio i Bad Religion, a dispetto del nome, hanno registrato un intero album (“Christmas Songs”) di classici brani natalizi rivisitati a loro modo. Tra i molti pezzi propongo “Hark! The Herald Angels Sing”.


Mi piacciono davvero molto gli Angry Snowmans. Si autodefiniscono "elfi incazzati", sono in lotta perenne contro il regime fascista del dittatore del Polo Nord, Nicholas Claus, e fanno cover di classici punk trasformandoli in canti natalizi.
Con ““Ebeneezer Uber Alles”” tocca ai Dead Kennedys, ed è un brano cult.


Finiamo con uno dei gruppi più feroci del primo BBoston Hardcore, gli SSD, qua alle prese con “Jolly old saint nicholas", brano tratto dalla compilation "A Boston Rock Christmas" del 1983. Che dire? Solo Merry X-mas motherfuckers!!! 






“NO MORE PAIN”, INTERVISTA AD ANTONIO CECCHI (5/5)

Alcuni giorni fa, il 2 Dicembre per l’esattezza, sono stato ospite di Heintz Zaccagnini e della sua trasmissione Friday Extreme Rock Adventures per intervistare, assieme a Stefano Ballini, il buon Antonio Cecchi, prima bassista e poi chitarrista dei CCM (Cheetah Chrome Motherfuckers), una delle bands più rappresentative della Golden Age dell’Hardcore Italiano.
L’occasione ci veniva fornita dall’uscita del libro “No More Pain”, di cui parla Heintz sul suo blog QUA, già arrivato alla prima ristampa.
Di quella bella serata potete trovare il podcast QUA.
Leggere un libro che parla della Golden Age della scena Hardcore Italiana, scritto da uno dei membri di una band seminale come i CCM, è stata per me una emozione duplice.
In primis, perché un racconto come questo non può non focalizzarsi anche sulla scena Pisana, di cui ho in qualche modo fatto parte anche se (per ragioni anagrafiche) a partire da qualche anno dopo (1981-1982, il che mi fa apprezzare moltissimo certi aneddoti sugli albori sella scena…). Ed in seconda battuta perché mi ha fatto conoscere da vicino molti retroscena della vita di un gruppo che ha vissuto tutto l'arco ascendente della parabola
dell'hardcore italiano. E non solo.
Per questo ho voluto approfondire un po’ e, complice un pomeriggio piovoso che gli ha impedito di uscire in bici, ho intervistato Antonio, l’unico, assieme a SYD, ad avere attraversato tutta la storia della band Pisana.


1. Ciao Antonio, partiamo subito con i complimenti. Il libro mi ha emozionato, perché mi ha fatto tornare in mente episodi visti da vicino, e conoscere episodi sconosciuti. Una delle pagine più belle racconta il tuo incontro con Syd (“lo si amava oppure lo si odiava profondamente”). Puoi parlarcene? 


Beh, realisticamente, si trattò di un incontro con una persona non solo importante per me, ma di indubbio ed indiscusso valore umano e culturale… senza quell’incontro tante cose non sarebbero mai accadute e la mia vita sarebbe adesso molto più grigiastra e piatta.
Sono veramente contento di averlo incontrato, ma devo dire che l’incontro con TUTTI i compagni – nessuno escluso - che hanno intrecciato le proprie strade con la mia, sono stati fenomenali.
Lo credo davvero!

1.  Tu amavi, ed ami, profondamente Zappa. Come si passa dalla musica di Frank all’HC più estremo, passando per il Banco e gli Upper Jaw Mask?

Si spiega male, vero? Ho anche avuto un’accesa discussione con uno dei Soloni dello zappismo, personaggio parecchio borioso e fuori di testa (una specie di Sgarbi… niente nomi, ovvio).
Non lo so come si spiega, ma so solo che OGNI volta che mi intervistavano e chiedevano quali fossero le “mie influenze musicali” (al tempo domanda MOLTO in voga!) rispondevo sempre “Zappa e Minutemen”.
Mi rendo conto che voi non li avvertite nella “mia musica”, ma per me era, è sempre stato, e sempre sarà così. Essere influenzati da qualcuno non significa NECESSARIAMENTE copiarne lo stile musicale o i vestiti: si può anche condividere tutta un’altra serie di cose. In inglese esiste un aggettivo che potrebbe aiutare a spiegare il concetto: “inspirational”. FZ & The Minutemen were very inspirational musicians to me!

2.  Nella storia di CCM ci sono due batteristi storici, ed uno che non ce la fece a passare la prima “audizione”. Ce ne parli?

Mi riallaccio a quanto detto prima: impensabile immaginare la prima versione di CCM senza Vipera… ragazzino prodigio ribelle, o la seconda senza Alex Fantinato, compagno ineludibile di momenti meravigliosi e drammatici nel secondo line-up.
Del “terzo” non dico nulla, salvo che fu il nostro bersaglio preferito per feroci prese di culo, per mesi e mesi.

3.  Dietro al vostro nome ci sono diversi aneddoti, dal fatto che vi abbia posto ufficialmente nella lista delle bands dai nomi più bizzarri al mondo... (controllate qua: http://www.brightlightsfilm.com/weirdbandnames/), allo spelling sbagliato sul primo EP, ai problemi in Canada, passando per l’incontro di Marc col titolare del nome Vuoi parlarcene un attimo?

Beh, inizialmente il nome fu inventato da due ragazzi (io e Syd) che sognavano di suonare assieme in una band, e fu, col senno di poi, una cosa abbastanza goliardica (parlo per me: in qualunque band avessi suonato, avrebbe dovuto contenere l’espressione “motherfucker”).
Quando giunse poi il momento di cambiarlo, visto che eravamo divenuti “una band seria” era ormai troppo tardi e tutti ci conoscevano già con quel nome.
È significativo invece notare come negli USA il nostro nome di creasse problemi, essendo giudicato “troppo esplicito” e solitamente “oscurato” nei flyers dei concerti… Negli ultimi tempi ci piaceva l’idea di sostituirlo con Chernobyl Crew Mutineers, ma non ci fu tempo materiale per farlo...


4.  Nel tuo libro dedichi molto spazio anche ai Teste Marce, l’altra band che ha avuto un ruolo importante nella tua vita. Tra CCM e Teste Marce, cosa sceglieresti potendo tornare indietro nel tempo? Ci sono possibilità di rivedere
in azione questi gruppi? E il Cecchi da solo?

Il Cecchi “da solo” è solo un povero coglione che non sa fare nulla… ha avuto la gran botta di culo di incontrare tutti gli altri, che gli hanno permesso di vivere avventure musicali ed umane non comuni. Eravamo varie sostanze che unite fra loro producevano dinamite.
Se tornassi indietro rifarei TUTTO momento per momento, con pari amore per tutte le bands e per chi mi fa fatto soffrire, perché il prodotto finale della miscelazione è sempre stato DI GRAN LUNGA superiore al dolore provato.

5.  C’è una foto messa in rete dal Fantinato di voi due che a me fa pensare ad un legame profondo tra voi. Tra Syd, Dome, Ale, Vipera, Sandro… a chi eri più
legato allora ed a chi oggi?

Vedi sopra! Ero legato ad ognuno di loro da un legame fortissimo, e la foto che menzioni ritrae un semplice momento scherzoso nel mezzo al turbine dei disastri europei. Alcuni di noi erano semplicemente più espansivi di altri: questo mi piaceva in Ale Fantinato più che in ogni altro, ma il legame “culturale” con Syd era entusiasmante...

6.  Cosa fanno oggi gli ex CCM?

Tra di noi, l’unico che ancora fa le stesse cose di allora è Dome, chitarrista affermato. Anche Sandro è rimasto nel settore delle produzioni musicali, così come Vipera che ancora suona con successo in varie band. Fantinato abita a Vancouver e si occupa di cani (suo antico amore); io perdo tempo e voce facendo il domatore di pre-adolescenti ribelli che non vogliono saperne di studiare la mia materia (un
karma non da poco… direi!)

7.  I CCM possono essere considerati uno dei gruppi seminali dell’HC europeo e probabilmente oltre, ma forse non sono mai stati pienamente compresi. A mia memoria non esiste una cover fatta da altri gruppi, mentre per altri è stato scherzosamente istituito il divieto di cover (penso a “Questi Anni” dei Kina” o a “Scenderemo nelle strade” dei Nabat, presenti in rete in mille versioni). Pensi che ci sia un perché?

Beh… forse tanto seminali non lo siamo non credi?? ahahaha
Scherzi a parte (ah.. perché stavi scherzando??) non è facile cantare come faceva Syd e forse i nostri brani non sono mai stati particolarmente “orecchiabili”… e comunque noi tutti – le bands di allora, intendo - venivamo da
un odio profondo verso cover e gruppi che scimmiottavano gli altri, quindi quanto dici te mi pare la logica conseguenza… ricordo perfettamente quando uscì Stepping Stone fatta dai Minor Threat e le facce allibite di tutti noi (per poi finire per amarla!!!)

8.  Un paragrafo del libro è dedicato a Milano, Bologna, Poviglio. Perché?
Perché sono tre città che sono state “pietre miLITARI” (come diceva Vipera) nell’HC italico, ognuna a modo suo e per motivi diversi. Tutte e tre inoltre, fanno parte della mia storia personale.
Perché sono state fondamentali per la crescita esponenziale dell’HC in Italia, e ancor di più per la mia. Sono rimasto legato profondamente ad ognuna delle tre per diverso tempo.

9.  Il miglior gruppo con il quale hai suonato, e quello con cui avresti voluto suonare

Mi è IMPOSSIBILE rispondere ad una domanda del genere! Non esiste UNA SOLA band, ma diverse con le quali ho avuto il PRIVILEGIO di poter condividere il palco.
La seconda parte invece è facile, quasi banale! Avrei voluto suonare con Minor Threat e Minutemen, non ho ALCUN dubbio!

10.        La cover del libro è "St. Francis preaching to the Appliances” (©Winston Smith 2014). Come sei riuscito ad avere questo piccolo capolavoro?

Io e Winston siamo amici dal lontano dicembre 1983, e ci siamo sentiti abbastanza regolarmente sin da allora. Gli dissi che avevo in mente di scrivere in libro e che per continuità iconografica avrei adorato mettere una sua opera sulla copertina. Lui mi mostrò diversi lavori ma St Francis mi folgorò all’istante, per mille motivi, non ultima
quella che tutti noi dipendiamo – ahimè – da macchine, e che quindi un San Francesco moderno non potrebbe che predicare a loro, vista la sudditanza degli umani nei loro confronti.
Winston Smith è un artista a 360 gradi, ed un’ottima persona che – forse non tutti lo sanno – parla anche un ottimo italiano, avendo vissuto a Firenze per un certo periodo.
Le sue mail contengono sempre una bella serie di parolacce (vedi I ringraziamenti nel libro…)

11.        Tu sei un prof di Inglese, che si occupava di fare traduzioni per importati case editrici. Quando pensi di metterti a lavorare sulla versione inglese del libro?

… non appena trovo qualche folle che abbia intenzione di distribuirlo e pubblicizzarlo come si deve… Negli States non puoi improvvisare: se una cosa non è promossa a dovere, tanto vale non farla nemmeno. In realtà non escludo di iniziare autonomamente a farlo, magari appena sarò in ferie!


12.        Il vostro Tour USA per noi che eravamo in Italia rappresentò una “vittoria” di cui andavamo fieri. Dal libro si ha un’altra percezione, che unisce la gioia di esserci (episodio SF: Biafra, ad esempio, presente anche lui a nostra insaputa, subito dopo il gig mi dirà che era dai tempi dei Germs che non vedeva niente del genere, live! La sola parola Germs ci riempie di orgoglio e carica, figurarsi come accettiamo tale paragone) ad un senso di sconfitta. È così?

Ti ringrazio per la definizione, e per aver mai provato una cosa simile nei nostri confronti. D’altronde – come possiamo spiegarlo a chi non c’era? - al tempo vuoi per il GDHC, per le fanzine e per il tempo che trascorrevamo costantemente assieme, eravamo UNITI in modo incredibile. Ed ognuna delle “vittorie” di ognuno di noi, apparteneva a tutti gli altri. Chi non c’era non può immaginare l’assoluta mancanza di invidia fra noi bands toscane (ma anche italiane, potrei dire con certezza) oppure la gioia reale nel vedere amici che pubblicavano musica meravigliosa e poi la portavano in giro sui palchi, davanti ad altri amici. Lo so, sembro un idealista, ma c’eri anche tu: le cose andavano così o no? (verissimo, ndRiki).
“L’amaro” del tour è quello della Vita, che prende le cose che hai mitizzato e te le fa stramazzare sulla terra. Ma la Gioia batté comunque il Dolore 90 a 0.

13.        Le esperienze peggiori le avete vissute in UK o altrove?
Suonare in Inghilterra – e NON in Galles, sottolineo – mise in luce un
atteggiamento verso le bands che davvero non fece onore a suoi abitanti, visto quali capolavori tale nazione ha sempre partorito, qualunque fosse il genere musicale. Nel mio libro ho accennato a come, in quel momento, gran parte della gente andasse ai gig con il solo scopo di cercare rissa, spaccare tutto ed ubriacarsi (non necessariamente in questo ordine). Siamo fortunati perché in Italia successe invece l’inverso. Quando uscii dalla band, a Pisa c’era il Macchia Nera ed iniziava l’era dei concerti “allargati” a molta più gente “regolare”, che veniva con spirito positivo. Gli idioti non sono MAI mancati ovunque siamo stati, così come i problemi: ma l’Inghilterra fu davvero letale, quantomeno per me...

14.        Ad un certo punto Giuseppe Codeluppi, l’indimenticato ed indimenticabile
chitarrista dei Raw Power, purtroppo scomparso, ti propose di seguire la sua band per il loro secondo tour negli USA. Era il 1985, e tu non te la sentisti, proponendo come bassista il Paolucci, che suonava con te nelle Teste Marce e, dopo aver seguito la band di Poviglio in quel tour, suonò con loro dal 1986 al 1999, avendo la soddisfazione di accompagnarli in più di un tour negli USA, nonché in Europa. Hai mai avuto rimpianti per non avere seguito Paco Codeluppi e i Raw Power in USA?

Mai! Neppure per un attimo. Il mio posto era con CCM così come quello di Ale Paolucci – a quel tempo – era con Raw Power.  Niente è stato casuale nella mia “emivita musicale”. Credo fermamente nel karma e ringrazio di aver avuto l’illuminazione giusta nel momento giusto.

15.        Nel libro oltre che dei gruppi storici, che più ti aspetti (Kina, Negazione, Raw Power, Indigesti) parli molto bene anche dei Wardogs. Non tutti però li conoscono. Perché questa dedica particolare?

Perché io ho una teoria ben precisa a riguardo: e cioè che MENO una band sa
suonare, se essa è rivoluzionaria e formata da RAGAZZI che ci credono fermamente, TANTO più essa non può che essere grandissima!
Ti cito il caso più eclatante ed acclarato, ma potrei farne decine: gli Stooges NON SAPEVANO suonare un cazzo eppure Funhouse vale quanto Freak Out! di Zappa che è invece un capolavoro di maestria, genio e tecnica… Nei Wardogs non esisteva un singolo “vero musicista”, eppure erano travolgenti. Quindi, in sostanza, erano la riprova concreta che NON OCCORRE essere Steve Howe per poter calcare un palco. C’erano anche i primi SenzaSterzo, il cui Jack ancora una volta dava ragione alla mia teoria...

16.        Nel libro mi ha colpito il fatto della foto scattata a Venlo, esposta in un museo contemporaneo di NYC. Titolo dell’opera “Hardcore Boy in Yellow”. Come è andata?

Beh, è andata come racconto nel libro :D. Mi sono ritrovato come soggetto in una mostra d’Arte Moderna! Oramai ero divenuto NON un’icona (con valore positivo), ma piuttosto un PAGLIACCIO da esibire come archetipo del rintronato “hardcore boy” (però andavo per la trentina…. altro che Boy!!)

17.        Nel tuo libro parli di personaggi storici del GDHC, Tetano, Pazzia, Ettore…  e non GDHC, ……. che fine hanno fatto
Nel mio libro ho scelto di non parlare di persone che magari non hanno alcuna intenzione di apparirvi, quindi qui rispetto la loro privacy. Mi sono dilungato solo su Ettorino perché, tristemente, non è più tra noi, e non mi pareva giusto ignorare un amico con cui ho passato momenti incredibili (nel libro cito solo alcuni episodi). Ettore scoppiava di voglia di vita, ma era ossessionato dal dover essere nichilista per risolverne i dilemmi nel modo più veloce (e più indolore per lui… ma NON per noi)

18.        20 Giugno 1987: Casalone, Bologna. La fine…. Due parole per chiudere?

Beh… il Casalone, l’ultimo incredibile nostro brano suonato, inedito fino a
Febbraio 2017… il silenzio alla fine dello stesso… tutto mi è apparso come la fine di un Macrociclo, di una collaborazione fra anime – fino ad allora – gemelle.
Sono fiero di aver fatto parte di CCM per dieci anni. La mia anima gli appartiene ancora e niente potrà mai e poi mai strapparmene il ricordo meraviglioso. Sono anni che mi hanno formato umanamente, dandomi l’entusiasmo per condurre le mie vite seguenti.
Spero che chi leggerà il libro capisca fino in fondo quanto, alla fine, io abbia cercato di dire.
Grazie comunque a chi vi si avvicinerà, pur - magari – disprezzandolo.

Beh, che cosa aggiungere? Il libro, bello ed interessantissimo, è edito da AreaPirata, ed è disponibile per l'acquisto presso www.areapirata.com
Io vi consiglio caldamente di acquistare una copia. Leggere per credere.
E ringrazio Marco Tito Fortunati per le foto scattate durante la presentazione del libro al Gap record Store di Pisa.

Link


 



RECENSIONE GUTTERMOUTH “GOT IT MADE” EP (RUDE RECORDS / BIRD ATTACK RECORDS, 3/5)

Non sono mai stato un fan dei Guttermouth, ed il fatto che fossero passati 10 anni dalla loro ultima uscita mi lasciava più che indifferente. Poi però mi son trovato tra le mani (o meglio sul PC) questo nuovo EP (con sei pezzi) e mi sono (moderatamente) entusiasmato. Sarà che la scarsa durata del disco non lascia spazio a cali di tensione, sarà che i 10 anni passati da “Shave The Planet”, e trascorsi in gran parte on the road, hanno ispirato la vena musicale degli (ex!?)
skaters di Huntington Beach, fatto sta che “Got it made” mi piace.
Certo, resta il solito punto debole dei Guttermouth, che continuano ad ispirarsi ad Adolescents, Vandals, Social Distortion, Fear, Descendents, Angry Samoans, Bad Religion e chi più ne ha più ne metta, e così facendo non danno certo segno di originalità. Ma in questi brani i ritmi sono intensi e trascinanti, e il songwriting ispirato.
I’ve Got It Made” è un pezzo davvero intenso, con vocals in stile Biafra, “The Point”, con un testo fatto di due parole o poco più ripetute per due minuti e rotti si presta bene (e come poteva essere diversamente) al sing-along per i cori, e in “Freckles the pony” mi sembrano i Punkreas che cantano in inglese. Insomma, niente di eccezionale, per carità, ma ascoltabilissimo.

(Riki Signorini)

I brani
01. The point
02. Freckles the pony
03. I’ve got it made
04. A punk rock tail of woe
05. Shitty situation
06. Old man

I contatti



RECENSIONE SERIE TV “ROTTE INDIPENDENTI” (2016, SONNE FILM, 5/5)

Rotte Indipendenti è un viaggio in quattro puntate attraverso trentacinque anni di musica indipendente Italiana.
Quattro puntate, realizzate per Sky Arte, in cui la Sonne Film di Giangiacomo De Stefano ci racconta di quello che è accaduto, ed accade, a Bologna, Milano, Torino e Roma.
Le quattro città vengono raccontate attraverso immagini d’archivio, interviste ai protagonisti, riprese dal vivo e testimonianze di giornalisti ed addetti ai lavori, il tutto raccordato dalla voce narrante di Lara Rongoni.
La prima puntata, quella dedicata alla città del regista, è quella che preferisco, perché si capisce quanto Giangiacomo ne sia coinvolto e la ami.
Spazio quindi a Skiantos, Disciplinatha, Nabat ed Isola nel Kantiere, ma anche Massimo Volume e Lo Stato Sociale, passando per la scena hip hop dei Sangue Misto.
Ben fatte, ma meno coinvolgenti, le puntate dedicate a Milano (dove si parla di Casino Royale, Ritmo Tribale,
Afterhours, Marta sui Tubi, Scisma, Cristina Donà fino ad arrivare ad oggi con i Calibro 35) e a Torino (con focus su Negazione, Africa Unite e Madaski, fino ai Subsonica, e, con una discreta licenza geografica, Raw Power, anche se questa puntata la ho soprattutto apprezzata perché mi ha fatto conoscere il rapper Willy Peyote)
Infine ritorno ai massimi livelli nell’ultima puntata, quella dedicata alla capitale ed alle sue molteplici scene, con Militant A (Assalti Frontali) che ci racconta del quartiere San Lorenzo e di Radio Onda Rossa, Paolo Petralia e l’Oi! dei Colonna Infame, i Growing Concern e il Piotta, le posse, l’hardcore e la loro curiosa commistione capitolina, passando per (e come poteva essere altrimenti) Banda Bassotti, Gridalo Forte Records, Roberto Gagliardi e Bande Bonnot/Hellnation.
E se tutto questo vi ha incuriosito, intanto godetevi il Trailer




Su Youtube, poi, troverete certamente tutte le puntate