RECENSIONE LIBRO "FRANTI – PERCHE’ ERA LI’. ANTISTORIA DA UNA BAND NON CLASSIFICATA. "

FRANTI – PERCHE’ ERA LI’. Antistoria da una band non classificata. A cura di Luca Buonaguidi e Cani Bastardi. Pagine 320. Illustrato. DVD allegato in omaggio editore Nautilus Autoproduzioni, €18.00

Qualche mese fa sono stato contattato dai tipi di Cani Bastardi per sapere se ero interessato a leggere e recensire un libro sui Franti, ed io, lo confesso, non ho saputo resistere.
Perché i Franti sono una di quelle band (ma chissà se è giusto chiamarli così, forse dovrei dire collettivo) che hanno davvero fatto la storia del punk Italiano.
Una band storica ed inclassificabile, ed uno spirito eponimo della Torino anni Ottanta, che ha attraversato club, scantinati e cortei, e che resiste nei decenni.
Dei Franti si trova ben poco materiale discografico in giro, ma vale la pena cercarlo, e cercare di conoscerli, perché praticamente tutta la old school italiana deve qualcosa a questi Torinesi, che scelsero di chiamarsi come un personaggio del libro Cuore: quello che rompe i vetri, fa uscire matto il maestro, ride quando il re d’Italia muore.
Un collettivo, come detto, indefinibile, che nel 1987 decise di fermarsi, senza sciogliersi.
Dice Giaccone: “Abbiamo fatto un comunicato dove esplicitamente si diceva Franti non si e sciolto, siamo diventati quello che siamo, ognuno individualmente.”
E per capire chi erano, e sono, i Franti, può essere utile leggere l’intervista (una delle poche) a Stefano Giaccone fatta da The New Noize.
In questa intervista Giaccone afferma: «Noi non abbiamo mai suonato punk, tra l’altro per noi non è mai stato – e credo per altri gruppi che ci circondavano – un genere musicale…… Io “sono” punk, non sono un “punk”»
Oppure può aiutare sapere che i Franti scelsero di non distribuire foto di sé stessi durante gli anni di attività.
In un articolo apparso su Rockerilla, chiesero di pubblicare, al posto delle loro foto, i dati in forma grafica dei morti per droga in Italia tra il 1973 ed il 1982, accanto a quelli sulla salute dei lavoratori di uno stabilimento Barilla in provincia di Parma.
Infine, può essere interessante vedere questo Video Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=-71FTO5Bx-4

Tornando al libro, ovviamente è un libro molto particolare, intorno ai Franti e difficile come i Franti, che raccoglie una serie di testi scritti dal gruppo dei Cani Bastardi, da Luca Buonaguidi, che ha curato l’edizione, e da svariati ospiti d’eccezione, che vanno da Pete Wright dei CRASS a Stefano Giaccone, leader insieme a Lalli (ed anche lei parte del team), del gruppo.
Con loro anche Miro Sassolini dei Diaframma, e, tra gli altri, i disegnatori Fabio Magnasciutti e Angelo Gambetta.
Il libro è diviso in quindici capitoli, o per meglio dire “quindici pietre”.
Le stesse quindici pietre che davano il titolo all’ultimo disco di Franti, “Il Giardino delle Quindici Pietre”, che, a sua volta, si rifaceva alla antica leggenda del “Tempio del Drago della Pace” di Kyoto.
Secondo questa leggenda da qualsiasi angolazione si guardi è possibile vedere solo quattordici delle quindici pietre presenti nel giardino: l’ultima è sempre nascosta dalla nostra pretesa conoscitiva.
Nelle note di copertina dell’omonimo e ultimo disco dei Franti, il più ineffabile, si legge: Certo: volendo (e potendo) salire in alto, si sarebbero visti tutti i massi, ma per gioire di un giardino bisogna camminarci in mezzo, camminarci in mezzo come le formiche, annullando il pensiero, diventando il pensiero, cantando il pensiero che si è e si è annullato al contempo.
Qua le quindici pietre si trasformano in altrettanti capitoli, nei quali si alternano prosa, filosofia, poesia, disegno, fotografia.
Il risultato è un libro (o un saggio?) dissonante, complicato, onnivoro e vorace, nel quale si parla di tutto spaziando ovunque.
L’unico filo conduttore, se proprio ne vogliamo trovare uno, è la costante ricerca di un filo conduttore che unisca musica e politica, la storia dei franti al movimento.
Un libro dedicato ad artisti, band, filosofi ed intellettuali uniti dal loro essere diversi.
Un libro che cita, tanto per ricordarne alcuni, Patti Smith, Brian Eno, David Lynch, Umberto Eco, Buddah, Sonic Youth, Iggy, Torino e Juventus, Alan Booth, Andy Warhol, Francois Berthie, John Cage, Sam Peckinpah, Ian MacKaye, i CCM, Pulici, Pasolini, El Paso, Lotta Continua, Hiroshima Mon Amour ed i Kina.
Il tutto arricchito da citazioni squisite, estrapolate dagli autori più distanti, che danno al testo una forma tentacolare, anarcoide e disomogenea, in puro spirito Franti.
E, in puro spirito Franti, il libro è anche distribuito secondo la formula NOCOPYRIGHT, perché, citando i Franti, “Ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro favorisce la trasmissione di un modo di diffondere la conoscenza che rischia
di essere appannaggio di pochi. È caldeggiata quindi la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, anche a uso interno e didattico. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica agisce in favore di chi desidera sapere e conoscere, avvantaggia un sapere avverso al censo e opera in favore della cultura di tutti”
In questa ottica, per aiutarvi a capire di che libro si tratta, voglio pubblicare alcuni estratti a me particolarmente cari.

PIETRA N.5
il suono del comunismo
di Stefano Giaccone

Tutto quel che segue e stato scritto per te, che leggi. Mentre scrivevo, in testa e nel fiato corto della fretta di dire, respirare, sputar fuori FRANTI, queste quattro persone si son sedute un po’ più vicino:

MARCO CIARI batterista di Franti
MASSIMO D’AMBROSIO bassista di Franti
LALLI voce cantante di Franti
VANNI PICCIUOLO chitarrista di Franti
STEFANO GIACCONE

Il mio contributo a questo libro, ha per titolo il Suono del Comunismo.
Uso con (finta) disinvoltura la parola “Comunismo. Un libro “sui” Franti, “sul” Punk, i Crass, i Sex Pistols, i mohicani e il Kaos Tag lassù in Germania, potrebbe essere pieno di A cerchiate e la parola Anarchia potrebbe ricorrere spesso. Invece uso la parola “Comunismo”. Voce fuori campo: Ma non era un libro sui Franti? Infatti, proprio per questo la uso e comunque, tra parentesi, questo non è un libro sui Franti. Direi che è un libro alla Franti, frantiano. Almeno lo spero!
Non uso la parola Comunismo in modo ideologico né tantomeno militante. Dal 1982 (in contemporanea con il sorgere del progetto Franti) non sono mai più uscito di casa pensando di contribuire “al lavoro politico, al proselitismo, alla propaganda” di qualunque entità. Ho cessato di militare in qualunque raggruppamento. Non certo per snobismo o mancanza di passione verso la Rivoluzione (nel mio quartiere si diceva “dare il giro alla baracca”): sentivo che, a livello profondo, avevo bisogno di scoprire, di interrogarmi, anche di sbagliare strada. Un gruppo musicale (soprattutto Franti!) era un buon modo per perdersi e io l’ho fatto!
………
Il Comunismo non è la sala d’aspetto dell’Anarchia, questa è una cosa che ha, giustamente, sempre fatto infuriare i Libertari. Sono visioni e tensioni diverse. Altra prassi. Almeno, per quel poco che ho capito. Ma Franti era la nostra nuova pelle e, per fortuna, siamo riusciti a entrare e uscire e rientrare, dalle idee, dalle passioni, dalle morti, dalle rinascite, dalle musiche, dalle lotte, dalle sconfitte, come in un salutare tunnel del vento.
………..
Nel mondo del Punk Anarchico Torinese e Italiano eravamo in mezzo a giovani e meno giovani che, invece di fare militanza politica, VIVEVANO il loro essere Libertari. Vivevano la Musica, gli Spazi, il Presente, l’Anarchia. Franti non avrebbe potuto vivere altrove. Una volta, non ricordo dove, qualcuno ci accuso di aver scelto il nome “Franti” perché in mezzo c’era la lettera A, cosi da poterci mettere un bel cerchio. Invece di mandarlo a cagare (inusuale per me, ora che ci penso), ho risposto: è vero. Ma Franti non e un movimento politico, non è una struttura militante di alcunché. Tantomeno un Partito. E un progetto poetico, di arte e di vita. Il lay out grafico, il logo se vuoi chiamarlo cosi, è importante. Mentivo, ma fino a un certo punto. Franti non ha mai venduto un cazzo (1500 copie per disco, o giù di li) e mettere una A cerchiata o meno non faceva certo alcuna differenza. Infatti non la fece. La faceva per noi: l’Anarchia era (ed è) una tensione. Una “Via dei Canti”, una pista di atterraggio illuminata nel buio degli anni Ottanta, una ingestione rituale di peyote, il Mandala delle Quindici pietre, My Favourite Thing con Trane e Eric Dolphy, una Comune di Parigi Permanente, il sorriso sghembo di Faber. La A

cerchiata era un simbolo di Difesa e di Movimento, non di proclamazione o affiliazione.
Per il resto, a livello profondo, se mi avessero chiesto come la pensavo, credo avrei riproposto il solito Quartetto Cetra: Karl Marx, Antonio Gramsci, Rosa Luxembourg e Che Guevara. Studiare la Storia, Organizzarsi, Fare la Rivoluzione. Mi azzardo a pensare che cosi avrebbero risposto anche gli altri. Non avremmo risposto certo che per noi Bakunin era una marca di Vodka (come fecero i Crass), perché se c’era una cosa che proprio mancava a Franti era l’autoironia. Franti è stato un litigiosissimo, meraviglioso, aperto, serissimo, gioioso, chiusissimo porto di mare Anarco-Beat-Comunista.
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Perché, all’inizio del 1987, FRANTI si è fermato? Scrivere di musica non serve a un cazzo, quindi vorrei parlarne. Credo che trovare una (mia) risposta (mi) aiuterebbe a capire non solo perché Franti si sia fermato, ma soprattutto perché era partito. E forse (mi) aiuterebbe a ritrovarne il corpo, perduto nella nebbia come Mallory e Irvine sulla parete nord-est dell’Everest, oppure perduto alla fermata del 14 in Strada delle Cacce, Mirafiori Sud, sotto il solleone d’agosto.
Proposta: Franti si è perso perché aveva la sensazione, fisica e emozionale, individuale e collettiva, di non avere più alcun impatto con la realtà che lo circondava.
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Franti si era immerso dentro il mondo Punx, come soggetto individuale, con la medesima “scatola degli attrezzi” della fase precedente (come avrebbe potuto essere diversamente?): capire, organizzarsi, fare la Rivoluzione. Quest’ultima, the
Revolution, sarebbe “iniziata davanti allo specchio”, come ripetevano Bob Mould o Ian McKaye, portavoci del Punk americano? O invece sarebbe scaturita dalla sempre più socialdemocratica Classe Operaia? Ci vorrebbe una analisi storica di cui non sono capace. Posso dire che Franti era un collettivo formato da una mezza dozzina di compagni e compagne assolutamente TIPICI degli anni Settanta, arrivati a una maturità esistenziale (23/26 anni) e musicale nel bel mezzo degli anni Ottanta.
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Voce fuoricampo: va bene, ma la Musica, quand’e che si parla di Musica? Basta parlare di Politica! Musica o Politica, Musica vs. Politica. Punk come modo di suonare opposto a Punk come modo di vivere. Una falsa antitesi, a mio parere. Alcuni dell’allora Movimento Punx, in vari libri e memoriali, tendono a sottolineare la rottura totale con tutto cio che ci aveva storicamente preceduto, ad es. la Sinistra Rivoluzionaria: quindi “niente politica, niente futuro, niente compromessi”. Proposta di discussione: credo che questa tesi sia falsa. Il Punx non si è mai indentificato in Franti, Crass, Kina oppure in Negazione, Clash, CCCP (prendo dei nomi a caso, ma non troppo…). Troppo magmatico, troppo veloce per farsi fottere, il Punx ha girato le spalle a vecchie beghe e vecchi tromboni (come il sottoscritto). Le categorie politiche non sono applicabili al Punx, ne quelle degli orfani di Lotta Continua, come Franti, ne quelle di certa memorialistica punk.
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Mi sta sul cazzo chi assegna paternità a chi è stato o non è stato Punx; sono contrario alla tesi secondo la quale il vero Punx (?) era a/politico, quasi il Punk
fosse una manifestazione di autogenesi (l’unico che non e stato generato fu Gesù, ma andate a chiederlo a Giuseppe!).
Proposta: Il Punx sfugge alla lente dell’entomologo sociale perché il Punx e vivo. Punx ri/vive ogni volta nella battaglia, irrazionale e lucidissima, per la Liberazione dal Dominio.
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Proposta di discussione: il Punx è stato l’ultimo grido di rivolta di una frazione minoritaria ma molto vitale della gioventù Occidentale, di fronte all’orrore dell’omologazione e la trasformazione dell’Umano in Massa di Compratori Video-Dipendenti. La distanza tra Punx e Politica per me e non esistente, è nil, nix, zero. Con S.T., individualità Punx che ha attraversato l’intero specchio di quegli anni a Torino e in Italia, organizzando, promuovendo, ma soprattutto scrivendo e cantando in 3 gruppi potentissimi e senza compromessi quali 5# Braccio, Contra*zione e Panico, si scherzava a volte dicendo, tra una birra e l’altra, il Punk è solo Politica!. Se la Musica si manifesta come Suono, quando quel Suono esprime la tua alterità QUOTIDIANA, TOTALE al Dominio, Suono e Politica coincidono. Quando la tua poetica e la tua consapevolezza politica mettono sullo stesso piano contenuto e forma, le cose che dici e il come le dici, allora Suono e Politica coincidono. Non ti piace la parola “politica”? Preferisci “Attitudine”? “Spirito”? “Scena”? O pensi siano solo parole? Scrivere di musica non serve a un cazzo. Soprattutto se Musica e Vita coincidono, come nel Punx. Franti ha potuto immergersi in quel mondo in quanto veniva da un mondo contiguo. Contiguo non vuol dire il medesimo, ma abbastanza vicino da farci incontrare quelli che Punx lo erano e lo sarebbero stati per molti anni a venire, alcuni per sempre. Un incontro talmente forte da rimettere in discussione proprio quella “scatola degli attrezzi” che Franti si portava appresso dagli anni Settanta.
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Siamo stati fratelli e sorelle dei Punx: per capirlo bisogna mettere su quei dischi, leggere i volantini, ascoltare quelle voci. Quella forza ci ha accompagnato sempre, anche e soprattutto dopo, quando ognuno ha preso la sua strada.
Franti ha lasciato della legna nel bosco. Non quanta ne abbia presa ma questo disavanzo, questo vuoto e ri/scoperto da chi cerca, da chi sente, OGGI, che soltanto nella radicalità del proprio Suono/Vita, “buttando tutto all’aria”, e possibile Liberarsi dal Dominio. Vuoto vuol dire anche spazio, silenzio, sogno, possibilità.
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Franti ha compreso, SUONANDO, che la quindicesima pietra ERA LI. Che il suo Suono, il Suono di Franti, sarebbe venuto soltanto dal tentativo di trovare una Nuova Via, come la Est del Gran Capucin di Walter Bonatti (1951).
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Franti rinasce ogni volta che lo metti sul piatto. Torna a vivere se metti su i CCM, Minuteman, Jello Biafra e i Dead Kennedys, Can I say dei Dag Nasty, Articles of Faith, Indigesti, Embrace, Ex, London Calling, Dicks, Buzzcocks, Increase the pressure dei Conflict, ogni nota dei Peggio Punx, Kina, Panico, Mirafiori Kidz, Teatro Quotidiano, Wicked Apricots, Eversor, Block of Flats, Tempo Zero, Declino, Kenze Neke, Wops, Hannibal the Cannibal, NIA Punx
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PIETRA N.7
Cantare negli anni Ottanta
di Miro Sassolini con Fabio Magnasciutti e Angelo Gambetta:

Ho sempre pensato che Il giardino delle quindici pietre non fosse solo un disco. Lo accostavo con disappunto agli altri dischi che uscivano a quell’epoca. Sembrava pensato per una biblioteca, una galleria, non era solo una operazione musicale e quasi stonava in uno scaffale di vinili. Ma è nel destino di Franti essere fuori posto, una scomodità vistosa e affascinante senza lusinghe, ma con la forza di un’idea, una scintilla a cui ho cercato di accostarmi inizialmente e da cui poi sono stato trasportato. Sorvolare Franti. Guardarlo, da fuori, dall’alto, di lato. Guardarlo quando e carne, poi quando e spirito. E infine, quando è un fantasma.
…….
Non volevo fare un dizionario sulla musica dal vivo negli anni Ottanta, Franti in quanto spirito non può essere una nostalgia.
Non lo è mai stato.
Una forma di rispetto nei confronti di Franti e non intervenire sulla forma di Franti.
Franti è universalità.
Una forza che trasporta.

E l’idea ti porta lontano.