C’è un momento preciso in cui la musica britannica smette di prendersi troppo sul serio, si guarda allo specchio e decide di ridere.
È il 1979, e mentre il punk degli albori
sembra ripiegarsi su se stesso, dai pub di Camden Town arriva una nuova
esplosione: cappelli a bombetta, giacche strette, passi sincopati e un sax che
ti entra in testa come una sirena d’allarme.
One Step Beyond dei Madness è il manifesto perfetto di quel momento; uno ska reinventato per la generazione
post-punk, più ritmico che politico, più teatrale che rabbioso.
Con quell’urlo d’apertura (“Hey you! Don’t watch that! Watch this!” ) la band londinese accende la miccia del 2 Tone, l’ibrido tra ska
giamaicano e furia punk che in pochi mesi avrebbe conquistato l’Europa.
Ma mentre i coetanei Specials e Selecter
suonavano la rabbia, i Madness preferivano la risata.
Nei loro brani non c’era militanza, ma vita
quotidiana: pub, amori impacciati, ironia da quartiere e una malinconia
sottile, sempre mascherata da un sorriso.
Dentro One Step Beyond c’è tutta
l’energia delle strade di Londra: “My Girl”, “The
Prince”, “Night Boat to Cairo”… inni da
ballare col sorriso, ma con quella malinconia obliqua che solo gli inglesi
sanno nascondere dietro la birra e l’ironia.
Pezzi semplici ma efficaci, dove il ritmo in
levare si unisce a melodie immediate e arrangiamenti brillanti.
Il successo fu immediato e travolgente. In
pochi mesi i Madness passarono dall’essere i ragazzi strambi dei pub di Camden
a fenomeno pop nazionale.
E nel 1980 successe qualcosa di impensabile:
l’Italia, ancora avvolta nei suoi lenti melodici e nei lustrini di varietà, li
invitò al Festival di Sanremo.
Sul palco dell’Ariston, tra un Al Bano e una Romina, comparvero loro: sette
inglesi vestiti da impiegati vittoriani, che saltellavano a tempo di ska come
marionette ubriache.
La platea, divisa tra il panico e la
fascinazione, applaudì senza capire bene cosa stesse succedendo. Era il 2 Tone
che sfondava la cortina del perbenismo televisivo. Una breve, meravigliosa
invasione culturale.
A distanza di più di quarant’anni, One Step
Beyond resta un disco che non invecchia mai perché non appartiene a un
tempo preciso. È un promemoria di quando la musica era spontaneità pura,
contagiosa, capace di portare un po’ di Camden anche a Sanremo.
Un disco che al tempo non mi fece impazzire
(come potevamo apprezzare il disco di un gruppo che passava da Sanremo????), ma
che vale la pena riscoprire oggi. Per ricordarsi che si può essere irriverenti
senza essere nichilisti, felici senza essere banali. Lo ska dei Madness era (ed
è) una festa con il cervello acceso, che ha insegnato a una generazione che si
può ballare con ironia.
Ogni volta che parte quel riff di sax, il mondo sembra di nuovo pronto a
saltare a tempo.
Non un disco perfetto, ma un disco necessario:
il momento in cui lo ska entrò nel pop — e, per qualche minuto, anche a
Sanremo.
(Riki Signorini)
I brani
1.
One Step Beyond...
2.
My Girl
3.
Night Boat To Cairo
4.
Believe Me
5.
Land Of Hope & Glory
6.
The Prince
7.
Tarzan's Nuts
8.
In The Middle Of The Night
9.
Bed & Breakfast
10. Razor Blade Alley
11. Swan Lake
12. Rockin' In A♭
13. Mummy's Boy
14. Madness
15. Chipmunks Are Go!
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