Chi mi conosce da un po’ sa sicuramente del mio debole per i
Kina.
Non a caso, quando mi decisi a riprendere di scrivere di
musica, la prima recensione fu quella dei FRONTIERA, eredi naturali dei Kina,
che potete leggere QUA.
Recentemente, poi, ho avuto l’onore
di intervistare nel corso di Friday Extreme Rock Adventures (garage Radio)
Sergio Milani e Giampiero Capra, rispettivamente batterista e basso dei Kina (e
non solo), insieme al padrone di casa Heintz Zaccagnini ed a Antonio Cecchi (ex
CCM).
Il risultato, come
sempre quando ci sono di mezzo i due Aostani, è stata una serata
piacevolissima, ricca di aneddoti e curiosità che potrete riascoltare
attraverso il PODCAST cliccando QUA.
Siccome però il tempo è volato (nonostante avere tagliato due
brani in scaletta, non ce l’abbiamo fatta a fare tutte le domande previste),
abbiamo allora deciso di preparare un’intervista scritta, che finalmente siamo
riusciti a completare.
1. Partiamo
dalle origini, o meglio dal vostro soprannome storico, “Huskers From The
Mountains”. Secondo voi, montagna a parte, qual è la ragione di questo
appellativo? Ve lo chiedo perché, come forse saprai, a me gli Husker Du non
sono mai piaciuti più di tanto, mentre adoro i Kina, e l’accostamento non mi è
mai stato chiaro.
Gianpiero: Ok e allora origini siano. Nel 1981 ero a Torino e
tutti quelli che erano parte della nascenda scena si trovavano nel pomeriggio
in un negozio di dischi che si chiamava Rock’n’Folk. Era il negozio dove
Alberto Campo (poi divenuto giornalista musicale di rilievo oltre che
conduttore radio prima di Radio Flash e poi Rai Radio 2) era il
commesso/suggeritore di acquisti. Non era un negozio qualunque. Si potevano
ascoltare i dischi nelle cabine come in U.K. negli anni ’60, e lì arrivavano le
uniche copie importate in Italia di dischi prodotti da etichette minuscole e
super oscure. Lì ho acquistato il primo 7” degli Huskers, gli Adolescents, gli
MDC, i Crass, i Discharge e ovviamente Land Speed Record degli Huskers. Quello
è diventato subito un disco mitico per tutti. In tre, suonavano a manetta,
cantavano tutti ed avevano un look ordinario; camicie a scacchi e jeans
scoloriti. Quando nel giugno ’83 siamo rimasti in tre è parso naturale a noi
pensare che si poteva fare, ma la cosa più clamorosa è stato che la prima volta
che abbiamo suonato dal vivo in tre, ottobre ’83, tutti ci hanno subito visto
come i cloni italiani degli Huskers. E come dargli torto del resto….
Sergio: Mah, a volte le cose succedono ed è difficile capire le
dinamiche. Quando abbiamo
iniziato a suonare noi neppure sapevamo chi fossero
gli Husker-Du e comunque fin da subito ci hanno detto che gli somigliavamo. Poi
abbiamo ascoltato i loro dischi e abbiamo capito che probabilmente tutto veniva
dal fatto che eravamo un trio, come loro, che tutti e tre cantavamo, come loro,
che come musica uscivamo dal punk hardcore canonico che si suonava all’epoca, e
che, anche esteticamente, non rappresentavamo lo stereotipo punk. Insomma, si,
effettivamente l’accostamento era facile.
Poi i Negazione hanno fatto il 45
giri “Tutti Pazzi”, alla cui produzione io avevo contribuito dando 200.000
lire.
Oggi sembra una cazzata, ma per me
era stato un grosso sacrificio perché era un terzo del mio stipendio, che era
uno stipendio da fame e comunque di soldi ce n’erano veramente pochi in
generale tanto che anche 200.000 lire erano una cifra importante. Grazie a quei
soldi il dischetto era uscito, e nei ringraziamenti noi eravamo citati come
Huskers from the Mountains. Ecco, da quel momento il marchio ce lo siamo
trovato piacevolmente addosso.
2. C’è un disco
dei Kina a cui siete più legati?
GP: Difficile
questa domanda. Sono i nostri pargoletti di vinile, come si fa a fare delle
preferenze?
Devo dire che ultimamente ho riascoltato “Nessuno schema
nella mia vita”, la stampa su vinile uscita nel ’94 della cassetta uscita
nell’84. Adesso lo trovo bellissimo, avevamo una carica ed una spontaneità
veramente inusuali. E poi io so in che condizioni l’abbiamo registrato;
temperatura media 15 gradi, la musica registrata tra le 10 e le 18 e le voci
tra le 19 e le 24 di una domenica di marzo nella stalla che era la nostra sala
prove.
Pensandoci adesso avevamo veramente fisico e una motivazione
granitica.
S: Ogni
nostro disco è molto differente dagli altri che lo precedevano e rappresenta
una fase della nostra esistenza e del nostro percorso.
“Irreale Realtà” era l’urgenza dello sputare tutto subito e
nella maniera più sgarbata tutta la nostra rabbia. Cercando era la scoperta del
fatto che anche le canzoni punk potevano avere una struttura, una melodia, la
scoperta di altra musica come il metal.
“Se ho vinto se ho perso” faceva il punto della situazione
(nostra ma anche di quello che succedeva
intorno). Il punk così come lo avevamo vissuto aveva perso la sua spinta
iniziale già da molto tempo, era diventata un’altra cosa che non sempre
coincideva con quello che eravamo noi, e anche noi eravamo diventati un’altra
cosa. Cominciavamo ed essere dei “veterani” in mezzo a schiere di gruppi sempre
più giovani che spesso non avevano il nostro vissuto ma che ci consideravano un
punto di riferimento. È un disco molto triste. Oddio, non è che gli altri
facessero morire dal ridere, però in qualche modo erano dischi che facevano
riferimento ad una scena, erano rivolti alla scena. Se ho vinto non è più rivolto
soltanto ai punk; io l’ho sempre considerato come un grido d’aiuto di chi si
guarda intorno e comincia a non riconoscere più quello che lo circonda, per
Gianpiero forse era più uno sbattere in faccia a tutti l’incoerenza che stava
crescendo all’interno del ostro piccolo mondo, un po’ il rivendicare Noi ci
siamo ancora, forse è la cosa giusta, forse no, ma ci siamo ancora; e voi, cosa
state facendo? Incredibilmente è il disco dei Kina che ha avuto più successo,
quello più innovativo e creativo.
“Parlami ancora” vede l’entrata nei Kina di Stefano Giaccone
e Marco Brunet (Alberto aveva abbandonato). È un disco molto ben suonato e ben
strutturato sotto la direzione di Marco e Stefano che hanno fatto un gran
lavoro tecnico e artistico.
“Città invisibili” è l’ultimo. A mio parere è il disco più
maturo dei Kina, ci sono delle canzoni bellissime, è stato suonato nel miglior
modo possibile. Come al solito è un disco triste e in una scena dove flower
punk stava imperversando assieme al metal core e al grind forse eravamo fuori
scala. Erano comunque passati 15 anni dagli esordi e il 3/4 dei ragazzi che
veniva ai concerti non aveva conosciuto la scena degli anni 80. Città
invisibili suona molto rock, ma rimane sempre un gran disco punk.
3. I Kina
hanno legato la loro vicenda a band che vanno dai CCM (con i quali se non
sbaglio avete fatto il primo tour) ai Franti (con Lalli e Giaccone avete anche
collaborato a lungo). A quale di questi due estremi vi sentite più affini? E
c’è una band, in Italia o nel resto del mondo, alla quale vi sentite più
legati?
S: Ci sono
delle persone che istintivamente senti più vicine di altre e con le quali senti
di condividere molte cose, ecco, per me le persone che tu hai citato sono tra
quelle.
Con i Franti abbiamo sempre avuto un rapporto speciale; ci si
frequentava spesso, si facevano molti concerti assieme, ci sentivamo uniti.
Coi CCM pure; fin da subito sono state persone con cui mi
sono trovato a mio agio. Gentili, estremamente corretti e generosi (… e non
sono qualità così comuni anche nella scena). Ci si vedeva poco sovente, ma non
c’era bisogno di essere sempre vicini.
Forse queste due bands rappresentano i due estremi della
forcella in cui vivevamo. Personalmente credo che non ci sia una band a cui mi sento
più legato ma ci sono tante bands che mi sono piaciute parecchio, e non solo
per la musica che facevano.
GP: A quei
tempi era normale collaborare con tutti, o quasi tutti. Nel momento in cui si
condivideva il terreno della autoproduzione di diventava fratelli e lo si
restava anche se l’autoproduzione sfumava.
Coi CCM abbiamo fatto il nostro terzo giro in Europa. Il
primo ce lo siamo fatto in solitaria con la Dyane si Sergio nel luglio ’84 in
Germania, il secondo in dicembre ’84 con la mia
FIAT 127 ancora in Germania ma
questa volta coi Contrazione (mi facevo due concerti a serata…) ed il terzo in
Olanda, dicembre ’85 con CCM e Negazione. Sono state serate pazzesche, a Venlo
il concerto era in diretta radio, a noi il pogo esagerato ha smontato la batteria
e non c’è rimasto che tuffarci con gli strumenti sul mucchio selvaggio che si
era creato sul palco, coi CCM sono venute giù le casse dell’impianto e per poco
non è finito tutto lo show.
Coi Franti era un po’ diverso. Si collaborava per le idee
musicali e per i gruppi. Abbiamo fatto un 12” con 5 pezzi dove noi suoniamo e
Lalli e Stefano cantano, “Kina & Howth Castle”, poi Stefano ha lavorato
tantissimo con noi per “Se ho vinto, se ho perso”, e quel disco è così speciale
anche grazie a lui e poi lui stesso è stato uno del gruppo dal ’90 al ’93 ed ha
inciso i pezzi di “Parlami Ancora”.
Con chi siamo più legati? Difficile da dire, abbiamo
attraversato ere geologiche nell’hard core. Abbiamo fatto i primi concerti coi
Kollettivo di Torino e gli ultimi con i Free Yourself di Düsseldorf, in mezzo
abbiamo incrociato centinaia di gruppi.
Forse i nostri fratelli per sempre sono rimasti quelli dei
primi tempi, Negazione, CCM, Impact, Wretched e Franti, ma so di essere
ingiusto.
4. Qualche
anno fa (2012?) vi siete riuniti per una serata. Pensate che il futuro possa
regalarci altre sorprese del genere?
GP: Si, in
realtà tra il 2004 ed il 2012 abbiamo fatto alcune di queste serate. Non so se
lo rifaremo, siamo molto presi dalle nostre vite. Si vedrà.
S: Quella è stata un’occasione speciale, si trattava
della serata di presentazione ad Aosta del libro American Punk Hardcore, al
quale Gianpiero ed io avevamo collaborato scrivendo nella postfazione quella
che era stata l’esperienza dei Kina nell’arco temporale preso in considerazione
dal libro. Per quell’occasione speciale Zazzo aveva cantato con noi alcuni
pezzi e molti amici erano venuti un po’ da tutta Italia. È stata una bella
serata, ma non credo sarà più possibile ripeterla.
5. I Kina sono
uno dei gruppi punk italiani più coverizzati, ed ultimamente Sergio ha preso
parte attivamente alla realizzazione di “brandelli d'Italia” degli Shandon. C’è
una versione di un vostro pezzo che vi piace più di altre?
S: A me piace
ascoltare le cover dei Kina fatte da altri gruppi, a volte le trovo molto
belle, altre le trovo banali e un po’ inutili.
Gli Shandon hanno fatto un buon lavoro e un altro gruppo che
mi è molto piaciuto sono stati i Midori (sono di Ivrea); in entrambi i casi
abbiamo collaborato con qualche coretto e qualche frase cantata e devo dire che
l’esperienza è stata divertente.
In ogni caso si è trattato di riproposizioni molto fedeli
all’originale. C’è però un gruppo che ha preso “Questi Anni” e ne ha fatto un
piccolo capolavoro di originalità. Si tratta dei No Guru, ovvero alcuni Ritmo
Tribale assieme a Xabier Riondino. La migliore versione. Bellissima.
GP: A me è
sempre molto piaciuta la cover di “Questi anni” fatta dai Negazione.
6. I Kina
hanno anche fatto cover di brani altrui. Quale vi piace di più?
GP: Trovo
sempre molto bella “Chicago” di Crosby Still Nash & Young che abbiamo fatto
uscire in un 7”, in copertina c’era la foto di un murale del Macchia Nera!
S: Non siamo
mai stati dei grandi coverizzatori, ma quelle che più mi hanno appassionato
sono state le due canzoni degli Husker Du (“First of the last calls” e “In a
free land”) inserite nella compilation “Land Speed Sonic” e “Chi mi aiuterà dei
Ribelli”, la cui unica versione registrata è sul 7” split Kina/De Crew uscita
per la collana In prima fila.
7. Questa è
specifica per Sergio: Pensando a Sergio si pensa inevitabilmente ai Kina, ma tu
sei stato o sei ancora anche Frontiera, superjack, ombra e altre cose cosa
ancora. Che stai facendo in questo momento, e a quali progetti ti senti più
legato?
S: Si, non riesco a distaccarmi dalla musica e dalla scena.
Credo ci siano ancora tante cose
da dire che mi riesce difficile dire Basta … o
forse è semplicemente successo che quello che ho vissuto fin’ora è stato così
intenso e totalizzante da impedirmi di avere una vita normale.
Semplificando molto le cose posso dire che i Frontiera sono
stati la naturale prosecuzione dei Kina mentre i Superjack sono nati come un divertimento
molto stimolante durato dal 1994 al 2000, che poteva avere dei risvolti
interessanti … solo che per i miei soci era troppo faticoso pensare di andare
in giro a suonare e hanno preferito interrompere.
Con la fine dei Frontiera ho iniziato a riavvicinarmi alla
musica folk e alle atmosfere irlandesi. D'altronde erano dei gruppi
interessanti in giro che avevano saputo coniugare folk, tradizione e punk; io
li trovavo molto stimolanti. Così ho
raggruppato una manciata di amici, alcuni provenivano dalla musica
tradizionale, altri da esperienze punk (tra cui Marco Brunet, già coi Kina
negli anni ‘90), ho lasciato la batteria per passare alla voce … e poi anche al
banjo, e abbiamo iniziato gli Ombra.
L’associare folk, tradizione e punk crea una miscela
stimolante. Ai nostri concerti la gente si diverte un sacco ed è una buona
occasione per far passare messaggi importanti e intelligenti. Con il tempo la
formazione si è un po’ modificata e ora comprende André Aguettaz (proveniente
dai Wandering) alla chitarra acustica, Christian Rossi (degli Avatara) alla
chitarra elettrica, Andrea Robin alla fisarmonica e Marco Machet (ex Coda di
Lupo) al basso. Il posto di batterista è attualmente vacante, per cui se
qualcuno si volesse offrire, noi siamo in campagna acquisti.
8. Tra le vostre
molteplici attività, un posto di spicco spetta sicuramente a Blu Bus / Circus.
L’etichetta (o le etichette) esiste ancora?
S: Blu bus
non esiste più. Era nata come etichetta pirata nel 1983 e si era trasformata in
cooperativa nel 1992 per chiudere i battenti nel 1998. Legata a Blu Bus c’è
sempre stata la’attività di Subvert Tapes, di Circus, e ora, ritornando un po’
alle origini, Wic.
Nell’insieme sono stati prodotti oltre 70 dischi e una
quantità di cassette. Tra le cose più importanti abbiamo prodotto Franti, 6
Minute War Madness, Impact, Ariadigolpe, Eversor, Shaa, Nuvola Blu, Tempo Zero;
abbiamo coprodotto Peggio Punx, Ifix Tcen Tcen, Stinky Rats. E poi ovviamente
Kina, Frontiera, Superjack e Ombra.
Non è detto che non si possa presentare l’occasione per
riproporre il marchietto Blu Bus per qualche nuova uscita. In tanti ci chiedono
di non abbandonare il simbolino dell’autobus che fila a tutta birra su e giù
per i monti.
GP: Io e
Sergio abbiamo fatto partire Blu Bus insieme a Stefano Giaccone, questa è
diventata velocemente grande e abbiamo avuto la malsana idea di fare una
cooperativa per avere strumenti migliori ed efficaci per mandare avanti il
tutto. Idea pessima. Io, Sergio, Michele e Romeo ci siamo ammazzati di lavoro
per 6 anni, prima di arrivare a capire che da un lato eravamo odiati da quasi
tutti per aver creato una ditta, e dall’altro che eravamo diventati una
macchina per pagare tasse ed utenze, obiettivi che non avevano nulla a che fare
con gli obiettivi di Blu Bus.
La cooperativa è stata chiusa nel dicembre ’98. Da allora
molti dischi giacciono nella cantina di Sergio. A qualcuno interessano?
9. In un
momento di massimo fulgore per quanto riguarda la riscoperta dell’hardcore old
school italiano, mentre si ristampano Wretched, Negazione e CCM tra gli altri,
è in previsione qualcosa anche per i Kina?
S: A grande richiesta abbiamo appena ristampato in vinile “Se
ho vinto se ho perso”.
Il disco era esaurito già da tempo e in tantissimi ci
chiedevano di ristamparlo. Alla fine abbiamo deciso di farlo, anche per calmierare
i prezzi delle copie che circolavano nelle varie distribuzioni di
collezionisti. La ristampa è assolutamente uguale all’originale e l’unico
intervento fatto consiste nella rimasterizzazione del suono (volti
principalmente ad eliminare alcuni click dovuti alla sincronizzazione dei
macchinari dell’epoca, che un orecchio allenato poteva sentire in cuffia).
Grafica interna ed esterna sono state mantenute, è stata
migliorata la grammatura del cartoncino e del vinile. Ah dimenticavo, i dischi
sono stati cellophanati.
Per il futuro l’idea è di rendere di nuovo disponibile la
maggior parte del materiale Kina esaurito. Credo sia una buona cosa da fare.
GP.
Certo!!!!! Abbiamo appena ristampato “Se ho vinto se ho perso”. Tutto super
DIY, come al solito i finanziatori siamo io e Sergio e le copie dei dischi
stanno nelle nostre case. Se interessa una copia scriveteci, vi arriverà a casa
il solito pacco fatto coi cartoni che recuperiamo di fianco a cassonetti.
Abbiamo sempre fatto così…
10. Questa è
per Gianpiero: Un paio di anni fa è stato pubblicato “Come macchine impazzite
Il doppio sparo dei Kina” scritto da te e Stephania Giacobone. Cosa ne pensi? Sei
soddisfatto di quello che è venuto? Secondo te il libro riesce a far capire
quella che è stata la vostra storia? E che ne pensi di quello che ha scritto Stephania?
GP: Quel libro
è stata una bella esperienza. Ho fatto molte presentazioni in giro per l’Italia
ed è stato bellissimo incontrare di persona tanti giovani ragazzi/e che
volevano sentire raccontare le nostre storie. In quelle presentazioni ho
incontrato anche un po’ di amici che non vedevo da tempo e con cui abbiamo
condiviso un po’ di racconti, Andrea Pomini, Marco Pandin, Ettore Valmassoi,
Michele Berselli, Antonello di Fasano.
La presenza di Stephania aveva il senso di attualizzazione.
Si era pensato a percorsi paralleli a distanza di 25 anni. Adesso penso che
l’esperimento non sia riuscito al meglio. Oggi avrei fatto altre scelte. Chissà
se farò una seconda edizione?
11. E per
finire il classico: avete qualcosa da aggiungere, o da raccomandare alle nuove
leve del punk?
GP: Cosa vuoi
che possa dire oggi, a 55 anni, ad un ragazzo di 20? Cosa so del suo mondo,
delle sue speranze tradite delle sue illusioni sbeffeggiate?
Ho poco da dire, la generazione dei ventenni di oggi è
schiacciata dalla corruzione e dal nepotismo dei miei coetanei.
La gente della mia età dirige aziende che trattano questi
ragazzi come oggetti, pedine da spostare per avere finanziamenti e sgravi
fiscali disinteressandosi completamente del loro
S: Quello
che io dico sempre è di essere curiosi, ascoltare, andare ai concerti, comprare
i dischi dalle distribuzioni, sostenere la scena alternativa, frequentare di
più i centri sociali e non troppo i locali patinati. Ecco, poche cose, ma
buone.
12. Beh, che
dire, grazie Kina, grazie di tutto….
GP: Grazie a te che tieni questa piccola candela accesa….PS: FOTO PRESE ON LINE, SPERO CHE NESSUNO SI SENTA OFFESO SE NON METTO I CREDITS SE NON PER GAETANO LO PRESTI E MATEO BOSONETTO, CHE HO INDIVIDUATO.
PER GLI ALTRI SE POTETE AIUTARMI VI RINGRAZIO DA ORA.
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