I Camp Hours sono un altro di quei gruppi a cui in questo periodo sta dedicando molta attenzione la Vacation House, etichetta del mio amico Rudy Medea (ex Indigesti) solitamente dedita a sonorità assai più hardcore punk. Nascono nel 2007 come progetto di Carlo Di Buono, autore dei testi e delle musiche, insieme al bassista Francesco Amendola ed al batterista Francesco Filardo. Di loro, il buon Rudy dice (tagliando ed incollando dal sito della sua etichetta): “Intrigantemente interessante il taglio del traguardo nel debut album dei The Camp Hours. Un super brillante e raffinato cristallino incrocio tra Indie rock di matrice americana (Radiohead, Pixies, Pavement), british alternative pop (The Smiths, Verve, Blur ecc.) e influenze Sixties (Pink Floyd e Beatles). Un delizioso full lenght album che si snoda elegantemente su 10 tracce di accattivante e avvolgente melodia e che in quanto a sincerità e passione risulta impeccabile”. La mia versione dei fatti è, però, completamente diversa. Per me è un disco inutile, il peggiore che mi sia mai capitato di recensire, che poco o nulla ha da spartire con le sonorità che mi piacciono. Per me questo è prog rock e come tale, pur se ben suonato, inutile e pretenzioso, proprio il genere di musica elefantiaco e innamorato di se stesso contestato dai primi punk rockers negli anni 70. Sorry Rudy, sai che ti voglio bene e stimo la tua etichetta, ma questo è un passo falso.
I brani
1. A Liquid Sky
2. The Road To London
3. Wise As A Tree
4. Pills For Ordinary Secrets
5. Sunday Meet
6. Someway
7. The Worth
8. Falling Down
9. You’re Singing For Me
10. Ice Bold
Contatti
www.myspace.com/thecamphours
vacationhouse@tin.it
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