Se ha senso usare l’aggettivo “fondamentale” nella recensione di un disco, allora “13 Songs” dei Fugazi è uno di quei casi in cui l’aggettivo è speso benissimo.
Io amo i Fugazi dalla prima volta che li vidi al Macchia
Nera, durante il loro primo tour europeo, prima ancora che esistesse un loro
disco ufficiale (l’EP omonimo, incluso in questa raccolta, uscì proprio in
quell’occasione). Andai a vederli perché c’erano Ian e Jeff dei Minor Threat e
Guy e Brendan dei Rites of Spring. Ma quando li ascoltai mi trovai davanti a
qualcosa di completamente diverso: un suono che non aveva nulla a che vedere
con le band hardcore di Washington DC, ma che era nuovo, potente, killer.
Non solo una lezione, ma l’apertura di una vera e propria università del
suono nuovo.
“13 Songs” raccoglie i due EP iniziali (Fugazi
e Margin Walker) e rimane, a distanza di decenni, un debutto
assoluto e imprescindibile: voci intrecciate, chitarre affilate, una sezione
ritmica solidissima e un approccio che ha ridefinito i confini del
post-hardcore. Un disco che ha fatto scuola, ispirando intere generazioni, e
che resta un manifesto dell’etica DIY, della coerenza artistica e della
possibilità di fare musica indipendente senza compromessi.
E poi ci sono le canzoni. Ogni pezzo ha una sua personalità
e contribuisce a comporre un mosaico sonoro unico:
Fugazi (EP, 1988)
- Waiting
Room – Un intro storico: basso in levare, groove inarrestabile,
esplosione controllata. Manifesto di una nuova era.
- Bulldog
Front – Diretto e serrato, un attacco frontale che mostra il lato più
militante della band.
- Bad
Mouth – Rabbia pura, ma con una struttura che già esce dagli schemi
hardcore.
- Burning
– Atmosfera quasi ossessiva, ritmo ipnotico che cresce fino a esplodere.
- Give
Me the Cure – Voce e chitarra in dialogo, alternanza di calma e
tempesta.
- Suggestion
– Un testo potente contro sessismo e molestie, ancora oggi attualissimo.
- Glue
Man – Cupo, allungato, quasi sludge: una chiusura lenta e corrosiva,
piena di tensione.
Margin Walker (EP, 1989)
- Margin
Walker – Urgente e diretto, due minuti e mezzo di energia compressa.
- And
the Same – Visionaria e sperimentale, con cambi di tempo che
disorientano e affascinano.
- Burning
Too – Linee melodiche intrecciate, uno dei brani più accessibili senza
perdere intensità.
- Provisional
– Teso, nervoso, con chitarre affilate come rasoi.
- Lockdown
– Sezione ritmica granitica e groove claustrofobico.
- Promises
– Lunga, ipnotica, dolente: una sorta di manifesto lirico e sonoro della
band.
“13 Songs” non racconta solo un’epoca: suona ancora
urgente, necessario e, appunto, fondamentale. Un disco che dimostra come
la musica possa essere innovativa, politicamente consapevole e indipendente
senza compromessi.
(Riki Signorini)
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