Alcuni
anni fa, era gennaio 2006, ebbi l’occasione di intervistare per Punkster gli
Atarassia Grop, un gruppo che mi piaceva davvero molto, in occasione dell’uscita
del loro album “Non si può fermare il vento”.
L’intervista
finì sul numero 12 di Punkster, una rivista che usciva in edicola (!!) e
parlava di punk ed hardcore! Una cosa che a pensarla oggi è una follia, ma al
tempo almeno per un po’ funzionò.
Ecco
l’intervista, con l’aggiunta di alcune domande che al tempo, per mancanza di
spazio, non pubblicammo:
Atarassia
Grop è una band sulla strada da oltre dieci anni, che ha scelto di chiamarsi
così per contrapporsi a quello che è davvero l’atarassia, uno stato di
alienazione rispetto a ciò che è tangibile, "reale”; tutto il contrario
della loro attitudine, molto attenta alla realtà ed alla vita. Di questo e di
altro abbiamo parlato con Filippo, il cantante, e quello che segue è il
risultato.
Riki:
Siete in giro da oltre un decennio, nonostante ciò non siete una delle bands
più in vista del panorama punk hardcore Italiano. Ripercorrendo le tappe della
vostra storia, dalla nascita ad oggi, riuscite a spiegarci il perché?
Filippo: Uno dei motivi è che
non abbiamo mai suonato nell'ottica di ricavarne notorietà. Noi cerchiamo
di fare musica giorno dopo giorno, con coerenza e umiltà, senza pianificare
un'attività che è e che rimarrà solo un'enorme passione. Questo non lo
considero un limite, è molto più semplicemente il nostro modo di essere e di
vivere la musica. Inoltre sostenere una band come la nostra vuole dire
condividerne le intenzioni e gli ideali e non soltanto fare quattro risate
insieme ad un concerto. Non che nelle nostre canzoni non vi sia spazio per il
divertimento, anzi, ma la maggior parte dei ragazzi preferisce fermarsi a
quello, mentre per noi la musica è un punto di partenza… e spesso ci segue solo
chi ha voglia di partire. Penso sia questo il motivo principale.
R: Per raggiungere un successo ed una
visibilità maggiore, firmereste per una major?
F: Assolutamente no, proprio
perché la nostra è solo una passione, e come tutte le passioni si disseta di
sudore, non di successo.
R: Ad oggi, se non sbaglio, avete
prodotto 4 dischi, due demo ed una raccolta ed avete partecipato a svariate
compilation. A quale disco siete più legati?
F: Mi ricordo ancora quando
mi si è presentato alla porta di casa il corriere che ci consegnava le copie
del primo disco autoprodotto: che figata! Ecco, forse più che ai dischi sono
legato a momenti come questo. Curare di persona la realizzazione di ogni nostro
disco, dalla registrazione alla grafica, ci ha sempre dato grandi emozioni.
Siamo cresciuti con la nostra musica, per cui ogni disco ci emoziona prima di
tutto perché ci riporta a ciò che eravamo in quel periodo, anche se ad
ascoltarli in fila, ora, sento l'esuberanza adolescenziale cedere il passo ad
una disillusa incazzatura.
R: E del nuovo CD che mi dite? Siete
soddisfatti?
F: Moltissimo. Credo sia il
nostro migliore lavoro, soprattutto a livello di contenuti. Ho curato molto la
stesura dei testi e ce ne sono alcuni di cui, senza false modestie, vado fiero.
E' un disco molto intimo e sincero perché, sebbene tocchi tematiche che non
riguardano solo me stesso, è scritto e suonato con la pancia e col cuore.
Inoltre anche la produzione
ci ha soddisfatti in pieno, e questo lo dobbiamo alla professionalità e
all’amicizia di chi lo ha prodotto.
R: Qual è il vostro brano che preferite?
F: E’ difficile dirlo. Ognuno
ha la sua storia. Ultimamente a me piace molto "Canzone di Gennaio",
contenuta nel nuovo disco. L'ho scritta per Fabrizio De Andrè, come se fosse
una lettera. Mi sarebbe piaciuto farci due chiacchere. Ogni sua canzone è un
libro intero.
R:
Oggi, nel 2006, con quale gruppo o cantante vorreste fare un concerto?
F: Abbiamo suonato con un
mare di gruppi e ci siamo tolti parecchie soddisfazioni negli ultimi anni. Per
ora non abbiamo ancora suonato con i Gang. Con loro mi piacerebbe davvero
tanto, anche perchè Sandro e Marino, che hanno collaborato con noi sul nuovo
disco, sono degli ottimi compositori, oltre che delle grandi persone. Se invece
mi è concesso sognare, allora sogno di stare su un palco al porto di Genova,
con De Andrè che canta “Guns of Brixton”, io e Joe Strummer che suoniamo la
chitarra e sotto il palco nessuno, solo il mare.
R:
La vostra musica ha subito un sacco di evoluzioni nel corso degli anni, ma voi
la descrivete come “Combat Burdel”. Perché?
F: Perché non c'è altro modo
per descriverla: è “combat” per i contenuti, ed è “burdel” (che nel nostro
dialetto vuol dire “casino”) perché non siamo musicisti, ma solo suonatori che
mischiano sonorità diverse con la stessa viscerale attitudine.
R:
Nella homepage del vostro sito (www.atarassiagrop.it, che ormia non esiste più) campeggia una scritta
molto significativa: “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i
fiori”. Potete parlarcene un po’?
F: E' un verso di "Via
del Campo" di De Andrè in cui ci riconosciamo in pieno. Tutto e tutti ci
invitano a correre dietro alle cose che luccicano, ma lo avete mai visto un
diamante al buio? Non serve a niente. I fiori profumano anche di notte, e se le
nostre canzoni riusciranno ad essere letame per i fiori, avremo fatto qualcosa
di buono.
A seguire la parte di
intervista che non trovò spazio su Punkster
R:
Visto che avete un bel sito, parliamo di Internet e tecnologia, ed in
particolare del File Sharing che rischia di fare perdere occasioni economiche
alle bands. Tu cosa ne pensi?
F: Io personalmente ho un
rapporto pessimo con la tecnologia, agli sms ed alle mail preferisco
l'inchiostro. Peccato che il mondo attuale ti consenta raramente di scegliere
cosa fare in questo senso. Comunque devo riconoscere che la tecnologia ha delle
potenzialità enormi, non solo per la velocità di informazioni e pubblicità, ma
anche per quanto riguarda la possibilità di registrare e migliorare la propria
musica. Senza esagerare però, altrimenti si perde in personalità, che è una
cosa preziosa.. Quanto al File Sharing, se un ragazzo non ha la capacità
critica di capire quali sono le bands da scaricare/masterizzare e quali
sono quelle da sostenere comprando il disco originale, allora credo che il problema,
più che della tecnologia, sia suo.
R:
Che cosa pensate della scena alternativa italiana, e dei cambiamenti avvenuti
negli anni? Ci sono dei gruppi o delle situazioni che vi sentite vicini, o che
al contrario vorresti non esistessero?
F: Non sono un profondo
conoscitore della scena e delle sue dinamiche. Sicuramente non ha niente da
invidiare a quelle straniere, tranne forse la partecipazione del pubblico ai
concerti, che all’estero è spesso più massiccia e calorosa. Devo dire che nel
1993, quando abbiamo iniziato, si respirava un’aria più genuina e meno
competitiva rispetto ad ora. Nonostante questo, siamo in ottimi rapporti con
molti gruppi italiani ed esteri e ci sentiamo particolarmente vicini alle bands
che portano avanti i nostri stessi discorsi, come Banda Bassotti o Gang, per
farti due nomi. Poi ci sono gli amici, ai quali ci lega qualcosa che prescinde
dal discorso musicale, come i Los Fastidios; ma questi sono davvero tanti. Da
questo punto di vista ci riteniamo molto fortunati! Per il resto non mi
permetterei mai di dire che un gruppo non dovrebbe esistere, anche se alcuni
sono talmente “montati” da non aiutare certamente l’unità della scena. Quanto
alle situazioni, mi infastidisce molto l'invidia ipocrita che in troppi nutrono
verso le bands più conosciute. È l'attitudine miserabile di chi sputa
negli occhi degli altri solo perché non ha il coraggio di sputarsi
in faccia.
R:
Quale gruppo ha maggiormente influenzato la vostra band?
F: Uno solo non saprei
proprio indicartelo. Sicuramente gli Erode, i Cccp, i Mano Negra, i Clash, ma
anche alcuni cantautori; forse nella nostra musica si coglie poco o niente
della loro presenza, ma nei testi, soprattutto negli ultimi, credo che il
riferimento sia abbastanza esplicito.
R:
E un brano non vostro a cui vi sentite particolarmente legati?
F: Ce ne sarebbero così tanti
che davvero non riesco a scegliere! Di solito presto attenzione ai testi più
che al ritmo o alle note, per cui in generale rimango legato alle parole. Uno
che mi viene in mente in questo istante è "Al Volga non si arriva"
degli Erode, ma potrei rispondere in mille modi diversi a questa domanda.
R: Per finire, dove saranno gli
Atarassia Grop tra dieci anni?
F: Spero che saremo, se non
ancora in giro a suonare, almeno nei ricordi di chi ha voluto bene alle nostre
canzoni. Questo ci basterà.