È di questi giorni la notizia che, al termine di un
percorso durato oltre un anno, finalmente Spittle
Records ha fatto uscire il doppio LP retrospettivo “Cronache del Videotopo” che
raccoglie pressoché tutta la discografia degli I Refuse It!, senza dubbio una delle più importanti e innovative
band del movimento punk hardcore italiano (anche se definire hardcore gli I
Refuse It! è qualcosa di quantomeno riduttivo).
Visto che essere anziani porta anche delle piacevoli conseguenze, io ho avuto
l’onore di vedere gli IRI dal vivo, e di conoscere il loro frontman,
l’eclettico e iperattivo Stefano Bettini,
oggi noto come “Il Generale”, che oggi
intervisto assieme a Gabriele Bramante,
tra le altre cose fondatore di Wide
Records, che ha curato la raccolta.
D: Stefano, dì la
verità: come diavolo vi venne in mente, in un periodo in cui l’hardcore
Italiano nasceva perlopiù su binari iperveloci e politicizzati, di tirar su una
band che suonava come gli IRI? E a proposito, come suonavano gli IRI?
Stefano: Ah, mi stai chiedendo perché eravamo così
diversi dagli altri gruppi hardcore, e forse addirittura diversi dall'HC? Beh,
a parte che c'era una scelta precisa di non essere banali (non per dire che
l'HC era banale - essenziale si però, … - ma che era banale farlo nel modo in
cui più o meno lo facevano tutti …), ma, al di là di questo, il punto è che
eravamo tutti con qualche anno in più rispetto alla maggioranza dei membri dei
gruppi italiani (e anche stranieri se è per questo) …
Se tieni presente che era l'82, anche solo 3 o 4 anni
facevano una notevole differenza (ad esempio una cosa è se nel '77 avevi 16/17
anni, un'altra se ne avevi 12/13 …) … oltre che di esperienze anche di gusti …
Io arrivai nel gruppo da ultimo, ma Sandro, Pino e Walter
suonavano insieme già da un paio di anni o giù di lì … e oltre che dal punk (a
dire il vero più quello di Germs o Dead Kennedys che l'hardcore) erano ispirati
da tutta la new wave più radicale: Pop
Group, Pere Ubu, PIL, Chrome, Fall, … tanto per fare alcuni nomi.
Anche dopo l'arrivo di Lapo e il mio, i riferimenti
restavano più gruppi come Flipper o Meat Puppets …
Mi ricordo che alle prove venivano scartati tutti i i
giri e tutte le melodie che venivano bollate come “autoindulgenti”, mentre
veniva più volte sottolineato come il risultato finale di un pezzo dovesse
essere “teso e nervoso” …
A pensarci: “Chocu
Umeret” fu una mia proposta, e rischiò di essere bocciato per via delle
ragioni suddette, anche se poi diventò uno dei cavalli di battaglia …
D: Tutto questo
avveniva nella vostra sala prove in Borgo Pinti, un punto di ritrovo per la
scena del GDHC, con una intensa attività politica e di controinformazione. Ce
ne puoi parlare?
Il punto è che si provava anche 4/5 volte la settimana e
se una sera passavi e mancava qualcuno nascevano session con i presenti e
miriadi di formazioni inedite. Alcune di queste anche se hanno suonato insieme
solo 1 o due volte alle prove si sono pure date un nome... come i Mayonese Boys o i mitici Brood con Walter alla batteria che
aveva messo il nome alla band ispirato da Cronenberg e, alla voce, a volte Syd
dei CCM, a volte Picchio della Stazione Suicida, a volte nessuno … Di
loro resta la registrazione di una strepitosa serata live al Discipline …
Fai conto che oltre a noi cinque nella cantina di Borgo
Pinti transitavano decine di individui/e, la maggior parte dei quali non vedeva
l'ora di suonare qualcosa e la maggior parte dei quali, secondo i canoni,
rientrava nelle categorie “strano” e “molto strano”. Ti poteva capitare di
trovarti in una session tipo Slits
del gruppo tutto femminile con Antonella alla batteria, o in una session
delirante dei Rich Fish in Hand con
Ninnì al sax e Bibo (che ci ha lasciati nel '92) che sproloquiava “avvenire
atrofizzato … cosa c'era scritto sui rotocalchi?”
In questo panorama patafisico ancor prima che anarchico
gli IRI erano la faccia strutturata
…
La struttura consisteva in serate in cantina sul pezzo:
musica tesa, nervosa e non autoindulgente.
Le cose cambiarono un po' dopo la famosa storia del muro
(non mi va di riraccontarla qui, leggetevi “Lumi di punk” …) quando la
presenza in cantina si espanse … e la cantina stessa divenne punto di
riferimento non solo degli IRI e dei loro amici ma di tutti (o, almeno,
parecchi) punk e punx di Firenze e dintorni (e anche di Pisa, Lucca,
Poggibonsi, Livorno, ecc...)… Il tutto naturalmente sotto l'egida GDHC. Da lì
partì anche la Belfagor, la fanzine
Nuove dal Fronte, ecc ecc
D: Quanti
concerti avete fatto?
Nonostante le innumerevoli prove e le serate aperte in
cantina (pressoché sempre!) concerti propriamente detti se ne sono fatti
relativamente pochi. A braccio non si arriva a 40 … forse a malapena a 30 …
Un po' per la solita attitudine di cui sopra (lì no
perché sono degli stronzi, lì no perché fanno pagare troppo il biglietto, lì no
perché sono di questo o di quello, alle feste de l'Unità ovviamente no)…
Le possibilità erano limitate anche perché poi s'era di
quelli che alla parte tecnica ci tenevano … per cui leva da una parte tutti i
locali fichetti, tutti i posti troppo del “sistema”, tutti quelli troppo new
wave fiorentina da bere … e togli dall'altra tutti quei covi di punk tipo Tuwat
(dove l'unica volta che s'è suonato ci hanno fatto trovare una batteria fatta
con i fustini di Dash … per non dire delle amplificazioni ridicole …) privi di
cose fondamentali per un concerto …
Le situazioni che restavano erano poche… e non è che
s'aveva la puzza sotto il naso, ma le idee chiare si: “o come si dice noi o
nada”...
Da un certo punto in poi ci fu il Victor Charlie … posto punk sì, ma dove la musica si sentiva di
molto bene…
Ma prima …. s'è suonato al Discipline, che in precedenza era stato il Banana Moon … e rimaneva un posto parecchio underground … s'è
suonato il mitico “Last White Xmas”
nella chiesa sconsacrata di San Zeno
a Pisa … e poi di qua e di là …
A Bologna un paio di volte organizzato dai Raf Punk (una volta senza tastiere per
motivi tecnici con Lapo che sclerava …), persino all'Università di Roma ….
La seconda formazione ha fatto un tour inglese che dire
sgangherato è poco… si ruppe il pulmino (a dirla così sembra una cosa che accade,
in realtà si trattò di un'epopea fatta di spingere all'alba sotto la pioggia in
una non ben precisata località del Galles questo pulmino arcaico che sembrava
tirato fuori da un film del free cinema inglese con Vipera che chiedeva un
pound per la birra e gli inglesi che sentenziavano che l'artista doveva
arrivare sul luogo dell'esibizione a costo della propria vita senza un minimo
di coscienza della realtà … risultato finale: scortati dalla polizia fino a
prendere un carro attrezzi che ci riportasse a
Londra) … però penso che chi ha partecipato a quei pochi concerti rimase
colpito … e anche positivamente ...
D: due band che
per me erano molto legate agli IRI erano CCM e Putrid Fever. Quale delle due
porteresti con te sulla fatidica isola deserta? E quale dei vostri dischi?
No dai, queste dinamiche “scegline uno anziché un altro”
non mi garbano! A me piacerebbe casomai portare sull'isola il clima generale
che c'era nel GDHC … ma sai bene che sono quelle cose che accadono segnano un
periodo e non si ripetono.
D: i vostri
dischi sono stati ristampati, agli inizi, da due etichette in qualche modo
famose nella scena underground del tempo: Children Of The Revolution e Bad
Compilation Tapes. Quale delle due ricordi meglio?
BCT la ricordo meglio per il semplice fatto che Chris, il
“boss” della label, ha ospitato me e Giovanna vari giorni a casa sua a San
Diego, e al ritorno dal Messico mi ha dato la medicina che mi ha fatto guarire
dalla Montezuma Revenge dopo giorni che continuavo a digiunare, defecare e vomitare
senza sosta … e con una specie di galla enorme in pieno petto dovuta a una
super ustione solare … credo che Chris lo ricordi ancora!
D: Poi,
improvviso, ci fu il passaggio al Ragga de Il Generale; perché?
Mica tanto all'improvviso… Lapo e Walter si staccarono
dagli I Refuse it per suonare musica etnica e reggae … il disco che Ludus ha
fatto per la Wide, “Village Criers”,
si chiama come il gruppo che tirarono su con dei musicisti africani che stavano
a Firenze, fra cui Smail Aissa Kouider,
che in Algeria era una star del rai (Walter andò a suonare con lui ad Algeri e
racconta di migliaia di persone), e con il quale nel '90 si suonava insieme dal
vivo (il Generale e lui con quella che poi sarebbe stata la Ludus Dub Band ma
che ancora si chiamava appunto Village
Criers) …
Io cominciai a suonare alle prime dancehall artigianali
nel 1985 ...era una “attività” parallela che poi prese il sopravvento dal punto
di vista musicale quando gli IRI si sciolsero in maniera brutale e definitiva
(ci sono vari pezzi inediti che avrebbero dovuto far parte di un nuovo disco,
ma solo quello che c'è nel disco, “TeleUrna
9000”, è quasi ascoltabile, sebbene moooolto low fi!)
D: Tu ormai da
anni ti muovi nel mondo Ragga; cosa conosci del mondo HC Punk? Hai ancora contatti?
Contatti recenti no, con quelli della vecchia scena si.
Legami indissolubili direi.
Se vado a Torino vado di solito a dormire dal Bernelli
(Silvio, ex di Declino e Indigesti, NdRiki), e ogni tanto
scambio qualche messaggio facebook con Helena
o altri della vecchia scena …
Per quanto ognuno abbia preso una sua strada c'è qualcosa
che continua a unire chi ha fatto parte di quella scena … …
D: E della scena
Ragga – Hip Hop - Rap cosa pensi? Io ad esempio amo gli Assalti Frontali, e li
trovo la risposta rap al punk dei nostri tempi.
No, dai che palle! Sono anni che mi chiedono questa cosa.
Sono arrivato alla conclusione che i generi in genere sono una stronzata. Il
genere va bene quando c'è un movimento dietro (sia esso il flower power o il
punk), ma ora c'è solo inquadramento senza movimento e il genere corrisponde a
un
ghetto, più o meno …
Per questo di recente mi garbano sempre meno anche quelli
che seguono il reggae e credono che sia la musica di chi si fa le canne ed è
per questo alternativo …
L'underground purtroppo è finito, I movimenti pure … ma
mi piacerebbe tanto che saltasse fuori qualcosa che mi smentisse ...
D: adesso un paio
di domande per Gabriele. Visto che anche tu sei abbastanza vecchio da poter
dire “io c’ero”, cosa ricordi di IRI?
Mi colpì l'originalità.
Il loro era hardcore punk evoluto, non mancavano
riferimenti no wave e jazz, ma erano fondamentalmente originali e piuttosto
fedeli allo spirito del tempo e del luogo da cui vennero fuori.
C'era quel male di vivere tipico della provincia,
quell'angst di chi non vive nel conflitto metropolitano ma nondimeno sente il
disagio dell'epoca. C'erano anche molta ironia e della sperimentazione
linguistica nei testi, secondo me di gran spessore, di Stefano Bettini.
Gli arrangiamenti erano eclettici e bizzarri, ma
arrivano diretti. Dal vivo li vidi due o tre volte, mi piacquero sempre,
pensavo fossero notevoli e, al tempo stesso, inafferrabili.
Per anni ascoltai la cassetta “Permanent Scar” a metà con i leggendari CCM.
Essendo arrivato all'hardcore dopo aver ascoltato e
assorbito molte altre cose, gli I Refuse It!, mi davano l'impressione di essere
tra i più completi esempi di come l'attitudine punk potesse sposarsi con un
discorso artistico indipendente, non allineato.
Mi ricordavano sia l'articolata claustrofobia di Pere Ubu
e Pop Group, sia la meravigliosa stagione della SST di Meat Puppets e Minutemen:
ritrovavo quindi l'elemento art con l'urgenza hardcore.
Credo che riascoltati oggi questi brani non abbiano perso
molta della linfa dell'epoca e questa è, al di là di
tutto, prerogativa delle cose di qualità.
D: Gabriele, tu
hai partecipato alla realizzazione di entrambe le raccolte dedicate agli IRI,
questa e la “cronache del videotopo” curata nel 2005 dalla Wide Records e da me
recensita
qua. Perché
questo amore per la band fiorentina?
Oltre a piacermi molto per i motivi appena detti, sono
legato ad alcuni membri della band da lunghi rapporti di amicizia e lavoro.
Nel 1988 con Sandro Favilli (bassista di I Refuse It!)
fondai la Wide Records, che esordì producendo “Mind The Gap” e proseguì con i primi dischi de Il Generale (Stefano
Bettini, voce di I Refuse It!). Aggiungiamo poi che all'epoca suonavo la
batteria e partecipai ad alcune session in cantina con alcuni di loro.
D: Gabriele, cosa
pensi delle due raccolte?
Entrambe le raccolte sono state da me curate e fortemente
volute così come le potete vedere e ascoltare.
La versione in CD (uscita per Wide Records nel 2005)
rispecchiava il medium leader dell'epoca e fu scelta deliberata azzerare molto
del pregresso bagaglio grafico per creare una compilation quasi
omni-comprensiva per la prima volta in CD recuperando, in una nuova veste, il
gap dei dischi fuori catalogo da molti anni.
La nuova versione in doppio LP vuole riportare tutto a
casa, ovvero creare l'opera omnia divisa in quattro capitoli, ognuno dei quali
rappresentante i dischi originali, assemblata secondo un rigore filologico e
arricchita da interessanti materiali extra. In questa versione tutte le grafiche
originali sono state riprodotte, tutte le versioni dei brani mai pubblicati
sono state riproposte in ordine cronologico. Ho trovato belle foto inedite che
sono state assemblate nell'ottica di aggiungere con rispetto. È stato un lavoro
piuttosto impegnativo che mi ha visto impegnato per quasi un anno, con molte
difficoltà pratiche e limiti di budget. Mi pare che il risultato finale
sia abbastanza vicino a quanto avevo sperato all'inizio del lavoro.
D: Stefano,
torniamo a te. Oltre che di musica, tu sei famoso per un amore viscerale per i
telefilm anni 70 (se non sbaglio) e per i fumetti. Hai anche scritto un libro
di recente. Ce ne vuoi parlare?
Mmmh no ora no … Comunque il libro si chiama “Grande
realtà immaginaria: storie segrete dal multiverso dei comic” … se siete
curiosi dategli un occhio
D: Finiamo con
una “domandona”. Se tu potessi tornare al 1982, cosa non rifaresti? E cosa
rifaresti assolutamente nello stesso modo?
Se potessi andare indietro nel tempo preferirei andare in
tempi in cui non sono mai stato …
Onestamente, come
darti torto? Beh, Stefano e Gabriele, grazie della disponibilità e a presto!!!!
(Riki Signorini)